Il Re (2019): Recensione
Il Re (titolo originale: The King), recensione del film diretto da David Michôd con protagonista Timothée Chalamet. Uscito nelle sale statunitensi l’11 ottobre 2019
VOTO MALATI DI CINEMA (10 / 10)
Questa volta parliamo di un capolavoro.
David Michôd (War Machine, The Rover, Animal Kingdom), con Il Re (The King), ha veramente raggiunto la perfezione, prostrandosi a un compito non da poco: Rielaborare Shakespeare.
L’opera tratta dell’ascesa al potere di Re Enrico V (soprannominato ‘Hal’ nell’opera di Shakespeare), diventato Re a 27 anni, e delle conseguenze che quella vita, a cui tanto aveva cercato di sfuggire, avranno su di lui come persona.
È tedioso e inutile dilungarci di più nella storia, poiché, trattandosi di eventi realmente accaduti – e quindi non suscettibili a recensione – probabilmente ne siete già a conoscenza.
Sin dal primo fotogramma questo film rivela immensa qualità visiva e cruda onestà.
Timothée Chalamet in quest’opera mi ricorda Robert De Niro all’inizio degli anni 70.
Magro, piccolo e ossuto, ma con una presenza scenica da gigante.
Si carica sulle spalle un’opera di Shakespeare come se fosse una piuma, e assieme a quella si carica anche la difficilissima parlata inglese del 15esimo secolo.
Tutto ciò esasperato da una sceneggiatura – scritta da David Michôd e Joel Edgerton (Il grande Gatsby, Black Mass – L’ultimo gangster, Bright) – niente meno che perfetta, e dall’impossibilità di esprimere qualsivoglia segno di debolezza o sentimento (un ingrediente prelevato dalle esigenze alle quali William Shakespeare dovette assolvere quando scrisse l’opera).
Magnifica performance.
Incredibile anche il lavoro di tutti gli altri.
Sean Harris (Mission: Impossible – Fallout e Rogue, Macbeth, Codice criminale), alla sua seconda opera Shakespeariana, interpreta William Gascoigne, rivelandosi ancora una volta un attore estremamente dotato, e illusionista, proprio come negli action movie con Tom Cruise.
Joel Edgerton, oltre ad aver scritto una sceneggiatura incredibile, e averla recitata alla perfezione, è stato molto abile nel ritagliarsi il proprio tempo scenico, senza lasciare che l’ego si mettesse tra lui e la sceneggiatura.
Robert Pattinson – che ormai tra questo ruolo e quello in The Lighthouse sta impazzendo – è stato bravissimo a costruire un ottimo accento francese, facendosi odiare e facendoci sbellicare dalle risate (dubito vi dimenticherete facilmente della scena di presentazione del suo personaggio, il principe Luigi, delfino di Francia).
Da lodare anche Ben Mendelsohn (Il cavaliere oscuro – il ritorno, Rogue One: A Star Wars Story, Ready Player One) e Lily-Rose Depp, che nonostante i ruoli brevi, si dimostrano entrambi attori straordinari.
Fotografia – curata da Adam Arkapaw (Assassin’s Creed, True Detective, La luce sugli oceani) – Production Design – a opera di Fiona Crombie (La favorita, Maria Maddalena, Son of a Gun), che si rivela di nuovo una maestra del realismo dopo La favorita – assieme alla regia di Michôd, sono tutte componenti di un unico grande dipinto, macabro e maestrale, mirato a rappresentare gli uomini post-medievali (o pre-rinascimentali).
Qui non c’è nulla delle “epiche” battaglie medievali a cui ci hanno abituati.
L’armatura è pesante e soffocante, il ferro non emette suoni se infilato in un cranio, e se le spade cadono ci si azzuffa a terra, magari nel fango, come dei maiali.
L’umanità è annientata dall’uomo stesso, che per dei semplici affronti è disposto a sacrificare migliaia di anime. Ed è in questo terribile inferno che l’Enrico V è grande.
Enrico non è un guerrafondaio come suo padre, lui vuole la pace.
Ma se Enrico deve combattere, combatte al fianco dei suoi uomini. Immerso nello stesso fango.
Vedere Enrico passare dall’essere un principe testa calda, scappato di casa, all’essere un Re saggio, e un giovane inasprito dalla morte e dalla guerra, il tutto cinto dalla “solitudine dei numeri uno”, sarà un’esperienza che non dimenticherete, e che magari vi farà anche riflettere.
Quest’opera, maniacale e perfetta sotto ogni punto di vista, racconta dei drammi dell’uomo del passato, che sono gli stessi dell’uomo moderno. Enrico V è la tela usata per dipingere i mali che l’uomo infligge a sé stesso, motivato da “doveri” impostosi da solo.
Vi caldeggio la visione di questo Film.
Un’opera magistrale.
“A King has no friends. Only followers, and foe”