Piccole donne (2019): Recensione
Piccole donne, recensione del film diretto da Greta Gerwig tratto dall’omonimo romanzo di Louisa May Alcott. Uscito nelle sale italiane il 9 gennaio 2020
VOTO MALATI DI CINEMA (7 / 10)
La chiave è nel titolo.
Piccole Donne, adattamento del famoso romanzo di Louisa May Alcott, scritto e diretto da Greta Gerwig (Lady Bird, Frances Ha, Mistress America), ha raccolto ben 6 nomination agli Oscar.
Tanto piccole, non sono.
La storia racconta un anno delle vite di queste giovani donne, da natale a natale, durante la guerra di secessione Americana.
Narra delle loro vicende, della loro crescita personale e dell’evoluzione di se stesse all’interno della società.
Ma il film non inizia lì. Inizia da tre anni dopo queste vicende.
Qui è necessaria aprire una parentesi per chi ha letto il libro;
La storia originale è divisa in due libri, la prima parte riguarda quell’anno, e la seconda parte riguarda il periodo successivo.
Ecco, il film procede a ritroso rispetto ai libri, e sempre a ritroso, mischia gli eventi.
La struttura è inopportuna.
L’ordine cronologico degli eventi, in questa storia, è fondamentale, perché parliamo di un’arco narrativo molto lungo (in termini di tempo della storia, non del film), e di eventi che non hanno senso, e che non generano curiosità, se non accompagnati da una dovuta prefazione.
Infatti, fino a metà pellicola, non capivo bene a che punto della storia eravamo arrivati, e perché Timotheè Chalamet ci stesse provando con tutte – ingenuamente ho pensato che avessero girato il film senza plot, alla mò nostrana, e che il personaggio di Chalamet fosse omosessuale, perché le donne gli cadevano ai piedi e lui non faceva nulla.
Per quanto riguarda il cast, composto principalmente da Saoirse Ronan, Emma Watson, Florence Pugh (Midsommar – il villaggio dei dannati, The Falling, L’uomo sul treno), Eliza Scanlen, Laura Dern, Timotheè Chalamet, Tracy Letts (La grande scommessa, Lady Bird, The Post), Bob Odenkirk, Chris Cooper e Meryl Streep, non c’è nulla da dire. È semplicemente favoloso vederli fare quello che sanno fare meglio sul grande schermo.
Un’armonia di dialoghi, emozioni e talento.
Lode anche ai costumi, curati da Colleen Atwood (Sweeney Todd – Il diabolico barbiere di Fleet Street, Dumbo, Bombshell), che rappresentano alla perfezioni i personaggi che li vestono.
Sembra di vederli vestire, sulla propria pelle, la propria personalità.
Passando a regia e sceneggiatura – entrambe ad opera di Greta Gerwig;
La macchina da presa è usata sapientemente (alcune volte anche troppo), e il rapporto tra i personaggi non è mai forzato o irrealistico.
Dialoghi, modo di parlare, costruzione dei personaggi… è tutto caratterizzato ed estremamente personale – a parte qualche sguardo un pò “gratuito” di Chalamet.
Meravigliosa la scelta di inserire elementi riguardante la condizione della donna, e non rendere la pellicola un trattato solo su di essa, cosa che avrebbe danneggiato in modo irreparabile l’opera.
La cinematografia e le musiche, rispettivamente di Geoffrey Simpson e Thomas Newman (Skyfall, WALL-E, American Beauty), sono piuttosto azzeccate e accompagnano molto bene la pellicola.
Questo film è, letteralmente, la Formula 1 dei drammi giovanili.
Se vi piace il genere, vi farà impazzire, in caso contrario, godetevi una strepitosa regia, una strepitosa recitazione, e una fantastica sceneggiatura.
Ma ancora di più godetevi l’incredibile Ronan (probabilmente unica vera “erede” di Meryl Streep), e uno dei leading man del futuro, Chalamet.
“I’ve had lots of troubles, so I write jolly tales” – Louisa May Alcott